Lavoro, due persone su tre discriminate per ragioni etniche

da Repubblica

di Luca Attanasio

È il dato che emerge dalla ricerca condotta dall'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), nell'ambito del progetto Diversitalvoro, con la collaborazione della Fondazione Sodalitas, Synesis career service e Fondazione Adecco. Due persone su tre subiscono discriminazioni. Le denunce pervenute all'UNAR. La maggior parte delle discriminazioni nel mondo del lavoro (35% del totale)

ROMA - In Italia molte persone non riescono ad accedere al lavoro per pura questione discriminatoria legata all'etnia, l'orientamento sessuale o la disabilità. È questo l'inquietante dato che emerge dalla ricerca condotta dall'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), nell'ambito del progetto Diversitalvoro, con la collaborazione della Fondazione Sodalitas, Synesis career service e Fondazione Adecco. L'indagine, svoltasi in un periodo di dieci mesi, da gennaio a ottobre 2012, segnala che per due persone su tre di quelle che subiscono discriminazioni, si prospetta un futuro da disoccupati. Ed è solo la punta dell'iceberg: si basa infatti sulle 1022 denunce pervenute all'UNAR ma lascia presagire una realtà molto più vasta di soprusi e ingiustizie mai segnalati per paura o sottomissione. “Le denunce che sono giunte alla nostra attenzione - spiega Marco Buemi dell'Unar - ci dicono che la maggior parte delle discriminazioni avvengono nel mondo del lavoro (35% del totale) e che la stragrande maggioranza di queste ( 75,5 %) riguardano il momento dell'accesso. In altre parole moltissime persone, a parità di curricula, non riescono a entrare nel mondo del lavoro per meri motivi razzistici”.

La graduatoria della vergogna. La triste classifica degli ambiti in cui si verificano atti discriminatori, vede al secondo posto la vita pubblica ( 15,3%), poi i mass media (15,1%), l'erogazione di servizi da parte di enti pubblici (8,6%). Spicca un preoccupante 4,8% di persone appartenenti alle succitate categorie che non riescono ad accedere all'istruzione. A guardare le percentuali, sono i transgender a essere i più bersagliati. In numeri assoluti, invece, i più discriminati sono stranieri e disabili. “Le denunce - riprende Buemi - sono in aumento, il 15,4% in più, e questo è un dato positivo. Ci dice infatti che il discriminato diventa sempre più consapevole dei suoi diritti ma anche che le persone che gli stanno attorno, si indignano con maggiore frequenza dinanzi a un sopruso”. Al 58,3 % delle denunce presentate dalle vittime stesse, infatti, fa da contraltare un incoraggiante 42,7% di segnalazioni arrivate da testimoni.

Aziende che cercano categorie svantaggiate. Le notizie confortanti, però, non finiscono qui. L'Unar assieme alla Fondazione Sodalitas, a Synesis career service e alla Fondazione Adecco, conduce da sei anni un progetto che parte dai dati deprimenti e punta a scardinarli. Si chiama Diversitalavoro e mira a collocare le stesse categorie discriminate nel mercato del lavoro attraverso una mappatura di aziende virtuose, con una politica di job recruitment etica ed equa. “Il nostro sito - di nuovo Buemi - si aggiorna 365 giorni all'anno. Abbiamo una cinquantina di aziende in tutta Italia (nel portale Diversitalavoro visibili su “Aziende”, ndr) che cercano impiegati e si affidano al nostro progetto. Inoltre, organizziamo tre Career days all'anno durante i quali si può avere un contatto diretto con chi assume”. Gli utenti iscritti nell'ultimo anno al sito - laureati/diplomati con disabilità, categorie protette e/o di origine straniera - sono oltre 5000. Chi ha partecipato ai carreer days nel 2012 ne ha tratto “grande soddisfazione” (88%), e delle circa 800 persone che hanno preso parte a Diversitalavoro nell'ultimo anno, il 67% era laureato, l'8% laureando e in gran parte disabile (69%). Gli stranieri rappresentavano il 29,5%, mentre le persone transgender l'1,5. Il 4,1% ha subito trovato lavoro (stage, a tempo determinato e - in maggioranza - a tempo indeterminato) mentre molti altri sono in contatto permanente con le aziende partner.

Etica e buone pratiche. Il successo del progetto ha fatto dichiarare a Paolo Beretta, responsabile del progetto Diversitalavoro, che “Nonostante le difficoltà che vive il mercato del lavoro e l'ulteriore svantaggio di alcune categorie di persone, le buone pratiche sono possibili e possono diffondersi”. Sulla stessa linea anche altre realtà, “Partire da coloro che faticano a tenere il passo - dice Fausto Giancaterina del Forum Disabilità Formazione Lavoro di Roma, Opera Don Calabria - e investire sullo sviluppo delle loro capacità individuandone le possibilità: significa creare un stile diverso di occuparsi della cosa pubblica che riverbera un benefico influsso sulla vita di tutti i cittadini”. Al termine della mattinata, si è celebrato il Diversity&Inclusion Award, un premio di riconoscimento alle aziende distintesi nel collocamento di persone di categorie protette. Quest'anno le medaglie sono andate a Banca Popolare di Milano, IBM, Intesa Sanpaolo e Michelin Italia.

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