Lavoro negato ai diversamente abili L'esperimento all'Opera Don Calabria

da Paesesera, 3 maggio 2012

di Luca Attanasio

Il progetto finanziato dalla Fondazione Roma-Terzo Settore “Articolo 3”, scommette su 11 giovani disabili mettendo a punto una strategia di mediazione socio-lavorativa. Dopo una prima fase d'inserimento si passa ai tirocini presso le aziende

Diversamente abili. Un avverbio che spiega una differenza accanto a un aggettivo che sottolinea capacità: dal 12 marzo 1999, l’Italia, con la fiducia di scoprire tali idoneità e metterle alla prova, si è dotata di un’innovativa legge - 68/99 Norme per il diritto al lavoro dei disabili - che scommette sul concetto del “collocamento mirato” e supera la precedente di stampo decisamente più assistenzialista (482/68).

Il VANTO - Il nostro Paese, che vanta l’unico sistema scolastico nel quale l’integrazione del disabile è obbligatoria, non consigliata o raccomandata come in gran parte delle democrazie occidentali, ha ideato e messo in pratica una normativa che punta, dopo una valutazione delle capacità della persona con handicap, a inserirla pienamente nel mercato del lavoro, ben conoscendo quali implicazioni, anche terapeutiche, un tale evento possa produrre su uomini e donne spesso isolati e considerati più un peso che una risorsa. Le esperienze riuscite raccontano di realizzazioni personali, carriere raggiunte pervicacemente, soddisfazioni di tutto il personale.

La legge prevede per i datori di lavoro pubblici e privati l’obbligo di assumere portatori di handicap secondo modalità che vanno da uno per aziende tra 15 e 35 dipendenti fino al 7% del totale se nell’impresa o ente lavorino oltre 51 impiegati.

L’INGANNO - Fatta la legge, recita l’adagio popolare, trovato l’inganno. Mai così vero come nel caso del collocamento lavorativo dei disabili. Tra trucchi, aggiramenti, la scelta di pagare multe piuttosto che occupare handicappati, la normativa viene spesso elusa e sono pochi gli esempi virtuosi di compagnie che, specie in tempo di crisi, danno fiducia a chi ha una disabilità. L’assunto secondo cui la produttività ne risentirebbe, sarebbe ampliamente sconfessato dagli studi a riguardo che snocciolano dati di alta resa, puntualità, onestà, grosso attaccamento all’azienda. Il pregiudizio, però, è decisamente duro a morire, anche se messo in crisi da una legge.

L’ESPERIMENTO - Interessante, quindi, l’esperimento di “Articolo 3”, un progetto finanziato dalla Fondazione Roma-Terzo Settore e portato avanti dall’Opera Don Calabria di Roma, che ha scelto di scommettere su 11 giovani disabili medio-gravi mettendo a punto una strategia di mediazione socio-lavorativa.

LA PSICOLOGA - Silvia Zaccheddu, la psicologa tutor del gruppo: “Il Progetto prevede una primissima fase di conoscenza e di valutazione della persona che poi viene inserita in una serie di servizi interni alla Casa per ferie dell’Opera don Calabria di Roma nei settori delle pulizie, reception, cucina e giardinaggio. La fase successiva è quella del collocamento vero e proprio, regolamentato con apposita convenzione con lo sportello del Comune di Roma, in tirocini presso aziende diffuse nella città che noi selezioniamo dopo un complesso percorso”.

IL DIRETTORE - Gli operatori, grazie all’esperienza di anni, hanno prodotto una mappatura delle aziende “sensibili” o semplicemente interessate ad avventurarsi in questo percorso, previe le ampie garanzie di tutoraggio che Articolo 3 fornisce. “Tutti i giovani inseriti - spiega Ruggero Piperno direttore del progetto - sono supportati in tutte le fasi mediante colloqui di sostegno psicologico individuali, riunioni di gruppo, con i familiari, con i datori di lavoro. Adesso sono inseriti in un tirocinio presso in un vivaio, un supermercato, due circoli sportivi, una casa di cura, una cooperativa sociale del settore turismo e presso il settore mensa di un albergo”.

LE ESPERIENZE - Punto di forza del progetto sembra essere quella abilità a tessere relazioni significative e terapeutiche che da una parte sostengono la persona disabile e chi se ne prende cura favorendo il risveglio di potenzialità assopite, dall’altra tranquillizzano il datore di lavoro facendogli scoprire nei tirocinanti capacità magari insospettate. “All’inizio - spiega il responsabile del personale di una struttura alberghiera - Simona ha trovato difficoltà a inserirsi, sembrava convinta di essere una buona a nulla. Io stesso, non avevo molte speranze. Ma una volta stabilite delle buone relazioni sociali ha acquisito flessibilità e precisione e migliorato di molto i ritmi di lavoro. Ora si propone per sostituire i colleghi quando vi è la necessità ed è apprezzata dai colleghi stessi e dai referenti”.

Il risultato è un percorso verso l’inclusione di un segmento di diversamente abili difficilmente collocabile. “Se mi conoscevi un anno fa - dice sicura di sé Carmen, una giovane donna le cui timidezza e introversione la portavano a rifiutare completamente il contatto con l’altro - pensavi che ero un’altra!” Ora svolge con successo un tirocinio come addetta alle pulizie ed è stata nominata tutor di alcuni giovani immigrati accolti presso il Centro del Don Calabria.

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